L’informatica, 30 anni fa: perché la banda larga non può tardare

Il mio primo computer fu un Commodore 64, come per molti ragazzi un regalo più che altro per giocare. Mio padre non solo mi permise di giocarci, ma fece in modo di permettermi di imparare ad usarlo anche per farci “altro”, comprandomi libri e manuali con cui ho imparato a programmare prima in Basic poi in Assembler: come questo sia stato possibile per un uomo per cui il massimo della tecnologia in quegli anni era un televisore in bianco e nero e una macchina da scrivere Olivetti, non riesco ancora a spiegarmelo; non riesco neanche a ricordarmi di aver insistito tanto per farmi comprare libri come questo, che non era solo un libro sul linguaggio di programmazione di quel computer ma un vero e proprio manuale di riferimento a tutto il codice macchina: ancora non riesco a spiegarmi come addirittura riuscisse a trovare quello che gli chiedevo, in una città tutto sommato piccola come Viterbo, dove le novità arrivavano con notevole ritardo.
Non c’era Internet; o meglio, forse c’era ma lo conoscevano solo in qualche laboratorio delle università americane e negli ambienti militari USA: le informazioni si trovavano in edicola e per passaparola. Il primo Vic 20 lo vidi a casa di un amico; i primi comandi Basic li imparai al liceo, negli intervalli, insieme al mio professore di Scienze che si stava appassionando all’informatica e insieme, in quarta liceo, scrivemmo un programma che calcolava i coefficienti delle ossidoriduzioni.
L’accrescimento della mia cultura informatica è nata per gioco, si è avviata per passione e poi è cresciuta all’università, per dovere: a parte i pochi corsi di informatica teorica, il linguaggio C è arrivato con il corso di Calcolatori, in contemporanea con il primo PC (1993) e alle prime sessioni davanti ad un terminale connesso a Internet, alla ricerca di informazioni a colpi di Gopher e di Archie (Google non c’era, chi se li ricorda?).
Ma fino ad allora, le informazioni su questo specifico mio interesse giravano per passa parola, così come mio fratello veniva a sapere delle novità fotografiche sulle apposite riviste o imparava qualche tecnica nuova nei circoli fotografici.
Mi domando cosa sarei ora se a suo tempo ci fosse stato internet, se la facilità nel reperire informazioni e software che c’è oggi fosse stata disponibile allora: e che saranno coloro che oggi ancora sono lontani dal poter accedere ad internet a velocità adeguata o a costi sostenibili. Perché quelle persone che vivono in zone non coperte con l’ADSL e mal o per niente servite dai servizi radiomobili 3/4G devono rimanere indietro rispetto al resto del paese, che comunque non usufruisce di servizi a larga banda paragonabili a quelli stranieri?
Per questo e altri motivi non è pensabile di procrastinare ulteriormente investimenti che permettano l’estensione della copertura dei servizi a banda larga, così come ventilato dalle ultime manovre del governo.

2 thoughts on “L’informatica, 30 anni fa: perché la banda larga non può tardare

  1. probabilmente se avessi avuto internet durante la tua adolescenza saresti stato capace di conoscere piu cose. Ma non escludo anche il contrario. Secondo me l’eccesso di informazione di questi giorni ci ha reso estremamente pigri. Per ogni piu insignificante operazione oramai ci si affida ad internet dove troviamo le cose gia fatte senza quindi domandarci sui “bolts and nuts” che stanno dietro a certi programmi informatici ma sopratutto sulla veridicita’ di tante notizie che prendiamo per vere perche sono scritte su wikipedia.
    Riguardo al discorso della banda larga ti rispondo con un commento di un mio collega nei riguardi del governo australiano che ha investito parecchi milioni di dollari per portare internet in banda larga anche nei posti piu sperduti: “la banda larga significa porno per tutti 🙂 e quindi perche mai dovrei accettare che i soldi che pago in tasse vadano spesi per far masturbare un concittadino che abita nel deserto?”
    E’ una battuta ma una triste verita’. Non credo ti sara’ difficile controllare le statistiche sull’uso di internet e verificare quanto la banda larga sia abusata in tal senso.
    Su FB hai gia accennato alla importanza della banda larga, su una mia domanda riguardo agli investimenti dicesti che praticamente solo lo stato potrebbe prendersi carico ti tali investimenti. Tuttavia nell’ultima puntata di Ballaro di martedi scorso il Ministro Sacconi ha dichiarato che i fondi per la banda larga sono stati reperiti tramite intervento privato e che l’infrastruttura si realizzera’. Ovviamente non ho approfondito, ma mi e’ sembrata una buona notizia.

    Ciao
    Gio

  2. La battuta del tuo collega è simpatica, ma è impensabile castrare intere zone del paese di una fonte di sviluppo (e non sono io a sostenere che la banda larga fa crescere un paese) solo per evitare possibili deviazioni onanistiche dei beneficiari. Sulla questione dei mancati investimenti sulla banda larga, invece c’è una certezza: dalla gara per le frequenze delle reti mobili di quarta generazione, si sarebbero dovuti destinare a questo scopo il 50% dell’eccedenza rispetto a 2,4 miliardi di euro preventivati; i ricavi sono stati quasi 4 miliardi di euro, quindi 800 milioni erano destinati agli investimenti per la banda larga. Invece, col solito colpo a posteriori, Tremonti ha scippato quei soldi per coprire gli innumerevoli buchi di bilancio. E questi sono fatti; quelle di Sacconi a Ballarò, la scorsa settimana sono chiacchiere a cui non ho trovato ancora riscontro, e una promessa fatta in tv non vale quanto un provvedimento legislativo (il bando di gara per l’LTE è un documento ufficiale dello Stato). Personalmente credo poco che investitori privati oggi abbiano soldi da spendere in investimenti del genere.

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